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Young protagonist Bubi is a perpetual outsider - exiled from Switzerland in 1938, his family returns home to Ljubljana, where their half-German background makes them stick out in local society. Reeling from the loss of his home in Switzerland, and surrounded by a language he can t quite master, Bubi confronts the challenges and humiliations of growing up in a strange environment. Narrated with uncanny naivete, the novel flits between memories of tenderness and shocking violence as Bubi navigates friendship, family, and his burgeoning sexuality in a land under hostile occupation.

Young protagonist Bubi is a perpetual outsider - exiled from Switzerland in 1938, his family returns home to Ljubljana, where their half-German background makes them stick out in local society. Reeling from the loss of his home in Switzerland, and surrounded by a language he can t quite master, Bubi confronts the challenges and humiliations of growing up in a strange environment. Narrated with uncanny naivete, the novel flits between memories of tenderness and shocking violence as Bubi navigates friendship, family, and his burgeoning sexuality in a land under hostile occupation.

La peonia del Carso racchiude gli elementi più\r\nimportanti della prosa di Alojz Rebula: il mondo\r\nclassico, la ricerca costante di uno sguardo interiore\r\ne la capacità di ritrarre il paesaggio carsico in tutta\r\nla sua unicità. \r\n\r\nNel tragico clima tra le due guerre, durante il quale\r\nil fascismo sta tentando di cancellare l’identità\r\ndegli sloveni e dei croati della Venezia Giulia, Amos\r\nBorsi, un fiorentino di madre ebrea, viene mandato\r\na Trieste per conto del regime. L’incontro con una\r\nrealtà diversa da quella immaginata, il dialogo che\r\nintreccerà con il giovane poeta Stanko Križnik e con\r\nla sua famiglia, la ricerca dell’ideale femminile e la\r\nscoperta di una cultura sconosciuta, lo porteranno\r\na interrogarsi nel profondo sulle ragioni e i sentimenti\r\ndi ribellione dei giovani antifascisti sloveni.\r\nLa peonia del Carso racchiude gli elementi più\r\nimportanti della prosa di Alojz Rebula: il mondo\r\nclassico, la ricerca costante di uno sguardo interiore\r\ne la capacità di ritrarre il paesaggio carsico in tutta\r\nla sua unicità. Un romanzo dal ritmo avvincente,\r\nin cui alla grande prova di narratore di Rebula\r\nsempre si accosta una tensione ideale per la libertà\r\ne la giustizia, in un continuo ritorno alla sua sorgente\r\nletteraria e culturale.

La peonia del Carso racchiude gli elementi più\r\nimportanti della prosa di Alojz Rebula: il mondo\r\nclassico, la ricerca costante di uno sguardo interiore\r\ne la capacità di ritrarre il paesaggio carsico in tutta\r\nla sua unicità. \r\n\r\nNel tragico clima tra le due guerre, durante il quale\r\nil fascismo sta tentando di cancellare l’identità\r\ndegli sloveni e dei croati della Venezia Giulia, Amos\r\nBorsi, un fiorentino di madre ebrea, viene mandato\r\na Trieste per conto del regime. L’incontro con una\r\nrealtà diversa da quella immaginata, il dialogo che\r\nintreccerà con il giovane poeta Stanko Križnik e con\r\nla sua famiglia, la ricerca dell’ideale femminile e la\r\nscoperta di una cultura sconosciuta, lo porteranno\r\na interrogarsi nel profondo sulle ragioni e i sentimenti\r\ndi ribellione dei giovani antifascisti sloveni.\r\nLa peonia del Carso racchiude gli elementi più\r\nimportanti della prosa di Alojz Rebula: il mondo\r\nclassico, la ricerca costante di uno sguardo interiore\r\ne la capacità di ritrarre il paesaggio carsico in tutta\r\nla sua unicità. Un romanzo dal ritmo avvincente,\r\nin cui alla grande prova di narratore di Rebula\r\nsempre si accosta una tensione ideale per la libertà\r\ne la giustizia, in un continuo ritorno alla sua sorgente\r\nletteraria e culturale.

Da Nicea a Trieste è il terzo volume di Alojz Rebula pubblicato dalle Edizioni San Paolo dopo il romanzo \"Notturno sull'Isonzo\", vincitore del Premio Mario Rigoni Stern, e la raccolta di saggi teologici \"Destinazione nuova Terra\". Questo nuovo libro riprende articoli, interventi, riflessioni e discorsi scritti in italiano, e dunque pensati per chi non ha una conoscenza approfondita della cultura slovena e del mondo spirituale dell'autore. Nelle tre sezioni in cui è diviso il volume, Rebula affronta i temi della fede, dell'appartenenza etnica e della cultura, trasformando l'esperienza personale in motore per il confronto e la conoscenza universale.

Da Nicea a Trieste è il terzo volume di Alojz Rebula pubblicato dalle Edizioni San Paolo dopo il romanzo \"Notturno sull'Isonzo\", vincitore del Premio Mario Rigoni Stern, e la raccolta di saggi teologici \"Destinazione nuova Terra\". Questo nuovo libro riprende articoli, interventi, riflessioni e discorsi scritti in italiano, e dunque pensati per chi non ha una conoscenza approfondita della cultura slovena e del mondo spirituale dell'autore. Nelle tre sezioni in cui è diviso il volume, Rebula affronta i temi della fede, dell'appartenenza etnica e della cultura, trasformando l'esperienza personale in motore per il confronto e la conoscenza universale.

\"L'atteggiamento di Stepinac nei confronti degli ustascia sarebbe riconducibile ad una innata paura anticomunista, comune alla gerarchia vaticana, la quale era convinta che l'avanzare dell'U.R.S.S. nei Balcani e nell'Europa Centrale avrebbe costituito un immane flagello e prodotto la distruzione della civiltà cristiana. In tale contesto il patriota Stepinac accolse favorevolmente il nuovo assetto politico che innalzava la Croazia ad antemurale della cristianità. Nel primo anno del regime l'arcivescovo era probabilmente convinto che responsabili delle atrocità fossero gruppi isolati di ustascia, che non rispondevano a nessuno se non alla loro sete di crudeltà. Ma quando si rese conto che i suoi interventi cadevano nel vuoto e che alle formali rassicurazioni non seguiva alcun sostanziale mutamento di indirizzo, egli prese progressivamente coscienza della vera indole di Pavelic. Cominciò allora a denunciare pubblicamente la condotta del regime chiedendo buone relazioni con i serbi e vedendo in essi degli uomini e non delle bestie selvagge\".

\"L'atteggiamento di Stepinac nei confronti degli ustascia sarebbe riconducibile ad una innata paura anticomunista, comune alla gerarchia vaticana, la quale era convinta che l'avanzare dell'U.R.S.S. nei Balcani e nell'Europa Centrale avrebbe costituito un immane flagello e prodotto la distruzione della civiltà cristiana. In tale contesto il patriota Stepinac accolse favorevolmente il nuovo assetto politico che innalzava la Croazia ad antemurale della cristianità. Nel primo anno del regime l'arcivescovo era probabilmente convinto che responsabili delle atrocità fossero gruppi isolati di ustascia, che non rispondevano a nessuno se non alla loro sete di crudeltà. Ma quando si rese conto che i suoi interventi cadevano nel vuoto e che alle formali rassicurazioni non seguiva alcun sostanziale mutamento di indirizzo, egli prese progressivamente coscienza della vera indole di Pavelic. Cominciò allora a denunciare pubblicamente la condotta del regime chiedendo buone relazioni con i serbi e vedendo in essi degli uomini e non delle bestie selvagge\".